giovedì 31 dicembre 2009

giovedì 21 gennaio
ore 21

Perugia



Centro Mater Gratiae

Montemorcino,
strada San Galigano - S. Lucia 12/a


presentazione del libro
IL SEME DI NASSIRIAH


con Margherita Coletta
sarà presente Lucia Bellaspiga


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Che orrore!
Che vergogna!
«Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor».
Il Pianto antico di Carducci custodisce nel cuore della nostra storia quel mistero per cui Dante Alighieri prega la Madonna perché una ricchezza di umanità nuova affermi la vittoria del bene attraverso il suo dolore di sposa e di madre:
« In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate».
Così in noi diventa grande l’urto del cuore per il giudizio della signora, moglie del brigadiere Coletta, che ha parlato davanti alle telecamere del telegiornale.
« In te misericordia», perché l’uomo cade senza conoscere il dove, il come e il quando.
« In te pietate», perché l’uomo è debole, contraddittorio e fragile fino alla morte.
« In te magnificenza» è il comunicarsi di una forza di vittoria come luce finale.
Bontà è il motivo di azione per l’uomo.
Quanto canto popolare potrebbe risorgere, se una educazione del cuore della gente diventasse orizzonte di azione dell’Onu, invece che schermaglia di morte - favorita da quelli che dovrebbero farla tacere - tra musulmani ed eredi degli antichi popoli, ebrei o latini che siano. E questa sarebbe la vera ricchezza della vita di un popolo!
Se ci fosse una educazione del popolo, tutti starebbero meglio.
La paura o il disprezzo della Croce di Cristo non farà mai partecipare alla gioia di vivere all’interno di una festa popolare o di una espressione familiare.
La testimonianza di Dante Alighieri è rifiorita nel dolore della signora Coletta:
« In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate»

don Luigi Giussani



(Comunicato letto del TG2 durante la diretta dei funerali dei caduti a Nassiryah)
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giovedì 24 dicembre 2009

il vero ostacolo al cammino non è la nostra concreta umanità, ma la trascuratezza di essa. Tutto in noi grida l’esigenza di qualcosa che riempia il vuoto. Lo intuiva perfino Nietzsche, che non poté evitare di rivolgersi al “dio ignoto” che fa tutte le cose: «Rimasto solo, levo le mie mani/ (…) “Al dio ignoto”:/ (…) Conoscerti io voglio - te, l’Ignoto,/ Che a fondo mi penetri nell’anima,/ Come tempesta squassi la mia vita,/ Inafferrabile eppure a me affine!» (1864).